La Via dei Polacchi

12.09.2017

Da Verona a Czestochova, la città della Madonna Nera, una metà, un viaggio, un pellegrinaggio, per arrivare il 15 agosto, giorno in cui culmina il suo culto, attorno al quale da sempre si stringe nella fede e nell'identità la grande Polonia. La strada è lunga ed escludere tutte le nazioni che portano alla famosa abazia sarebbe estremamente ingiusto. Sono partito il giorno 2 agosto, sapendo di voler arrivare assolutamente in bicicletta il 15 agosto a Czestocova, ecco il mio racconto per chi vorrà ripeterlo.

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Prima tappa, Verona-Portogruaro

Primo giorno, 2 agosto, partenza da Verona per Czestochova, la città della Madonna Nera, una metà, un viaggio, un pellegrinaggio, con una bici e una tenda, per arrivare il 15 agosto, giorno in cui culmina il culto attorno al quale da sempre si stringe la fede e l'identità della Polonia. La lunga strada attraverserà le Alpi, i Carpazi e cinque nazioni: l'Italia, la Slovenia, l'Ungheria, la Slovacchia e la Polonia. Sembra di volare nella dolce pianura veneta fra borghi come Cittadella, Castelfranco, Oderzo. Contemplando il letto del fiume che mormorò: "Non passa lo straniero" sospiro, è il Piave. Fare dal primo giorno 190 chilometri forse è una pazzia, ma riposare una notte a Portogruaro ne vale la pena, l'antico borgo è percorso dal Lemene e dolci girano ancora le pale dei mulini ad acqua.

Seconda tappa, Portogruaro - Ajdovscina/Aidussina

secondo giorno la pianura friulana è altrettanto dolce, ma lentamente sale e lascia intravedere all'orizzonte le Alpi e Gorizia è là, incastonata fra i monti, per arrivarci si deve per forza visitare Gradisca, la cittadina fortificata ai sui piedi. Poi eccola Gorizia, con il suo castello che severo ti osserva dall'alto, che da sempre controlla chi da est entra in Italia. Oltrepasso la linea rossa che è ancora ben visibile, è il confine che porta a Nova Gorica in Slovenia. Le Alpi si tengono a Nord, ma inizia un saliscendi attraverso le colline slovene, dove le vigne sono cariche d'uva. Si arriva controvento a Ajdovscina o in Italiano Aidussina ed è il luogo ideale dove fermarsi, il suo camping non segnato nelle carte e tanto meno su google maps, è magnifico, vicino al centro, con piscina e acquapark, tranquillissimo e con pochi campeggiatori.

La cittadina di origini romane, conserva ancora il castrum di quell'epoca, con mura e torri. Sui tetti vi sono dei sassi, perché altrimenti il vento potrebbe far volare qualche coppo ed infatti il vento soffia costantemente su questa cittadina dalla piacevole atmosfera familiare, perfetta per chi abbia voglia di fare delle escursioni e godersi la natura.

Terza tappa, Ajdovscina/Aidussin-Lubiana

Terzo giorno, le alpi che sembravano alle spalle si affrontano puntando Lubiana, dove si sale fino a 700 m e si arriva al villaggio di Col. Se ben allenati ci si può concedere una deviazione per Idria, altrimenti meglio puntare subito per Lubiana. Idria è patrimonio dell'Unesco, bisogna scendere e poi risalire. Questa magnifica perla è imprigionata in una stretta valle, che nasconde una antico sito minerario, conserva il castello eretto per amministrare e proteggere i tesori delle sue profondità. Lasciandosi le Alpi alle spalle si scende a Lubiana. La città e dotata di un campeggio con acquapark annesso, ma la meraviglia si cela nel suo centro, pulito e ordinato, rispecchia perfettamente l'anima mitteleuropea, il fiume Ljubljanica, i suoi deliziosi ponti e dall'alto il castello che domina e ti scruta.

Quarta tappa, Lubiana-Ptuj

Il quarto giorno la via prosegue per Celje, la prima parte della strada è pianeggiante, parallela all'autostrada, qui incontro un gruppo di polacchi, con la loro bandierina. Sono in fila, in bicicletta, vanno in direzione opposta alla mia, mi salutano e filano via. Mi immagino che stiano facendo il mio percorso al contrario, per questo decido che questa sia la Via dei Polacchi. La strada sale ed infine scollina, per farsi condurre a Celje: cittadina dal grazioso centro storico e un castello fra i boschi. Si può decidere di fermarsi al locale campeggio, ma io sono temerario e proseguo per Ptuj. Seguo la strada 688, che passa per la campagna, salgo e scendo dalle colline, in un continuo susseguirsi villaggi. Giungo all'imbrunire a Ptuj, il suo campeggio è dotato di acquapark e terme.

Sosta a Ptuj

il quinto, mi fermo e lo dedico alla cittadina, con il suo bellissimo centro storico, il castello, il convento e il fiume Drava.

Sesta tappa, Ptuj-Szombathely

sesto giorno ed è ora d'entrare in Ungheria, la strada 712 è prevalentemente pianeggiante e non molto trafficata, immersa nei campi e movimentata da qualche bassa collina, arrivo al villaggio di Bagojina, qui si incrociano i confini di Austria, Slovenia e Ungheria, ma persino la Croazia non è distante. Proseguo e attraverso la vecchia dogana, ormai abbandonata, con le caserme della polizia vuote, sono in Ungheria. Scendo rapidamente verso quella immensa pianura che è l'antica Pannonia, faccio tappa di ristoro a Magyarszombatfa e continuo fino alla colonia romana di Claudia Savaria, oggi Szombathely. In città sperimento il carattere ciarliero di questi abitanti, per caso l'inglese e tedesco delle persone che incontro non sono molto avanzati, ma hanno una gran voglia di parlare e comunicare, alla fine capisco dove trovare il campeggio, non ha l'acqua parck annesso, ma ve n'è uno poco distante, in ogni caso i prezzi sono molto convenienti

Settima tappa, Szombathely-Bratislava

Il settimo giorno do un'altra occhiata alla città, con il suo carattere gioioso ed elegante, la grande piazza, la chiesa, il municipio e i palazzi neoclassici. Poi ripunto a Nord, arrivo vicino al confine austriaco, a Fertod, qui si trova il Palazzo di Esterhazy, la Versailles ungherese, stupidamente, per seguire i miei piani non la visito, ma me ne pento, ne vale sicuramente la pena, così lascio la sua regalità ai miei rimpianti.

Attraverso un pezzo d'Austria, dove si capisce che l'energia rinnovabile non è oggetto di discussioni. Le immense distese di pale eoliche scompaiono solo con l'orizzonte, sono più un'attrazione che un oltraggio al paesaggio. Rientro in Ungheria per giungere dopo una dura giornata alla bella Bratislava, capitale della Slovacchia. Alloggio nella singola di un ostello, rinunciando per una volta ai campeggi che non devono essere male, in riva a dei laghetti non lontani dal centro. La città traspira di un'incredibile atmosfera jung and cool ed è ripiena di pub e turisti. È sormontata dal castello ed è incantevole passeggiare per le sue vie storiche, le belle chiese e lungo il Danubio che scorre lento e pacifico. Gli slovacchi amano parlare in inglese, sembrano sempre darsi un gran da fare e a dire il vero i risultati si vedono, in questa nazione ben ordinata e indaffarata

Ottava tappa, Bratislava-Piestany

ottavo giorno, il mattino lo cedo alla capitale slovacca, ma alle dodici riparto. Decido di non fare molta strada per oggi e mi fermo a Piestany, località termale sulle rive del fiume Vah. Ottima tappa per rilassasi e riposare Mi sistemo in un campeggio poco distante dal centro, tranquillissimo e immerso nel verde. Delle agevoli vie ciclabili conducono alla gradevole cittadina. La sera, per godersi lo spirito slovacco, non si può fare a meno di provare la birreria artigianale Piestanky dove si produce la birra Ziwell, dove si producono ottime birre scure e bionde dagli 11 ai 14 gradi. Al mattino del

Nona tappa, Piestany-Zilina

nono giorno proseguo verso nord, doverosa è la tappa alla storica città di Trencin, con la sua enorme sinagoga, il centro storico ben conservato e accogliente. Dall'alto, l'imponente e maestoso castello medioevale protegge la città e vale sicuramente una visita. Il mio viaggio prosegue per Zilina, posta in un incrocio di valli fra le montagne. Campeggio poco distante, a Varin.

Decima tappa, Zilina-Zywiec

Decimo giorno, Zilina è ben ordinata e anche qui gli slovacchi si sono dati un gran da fare per mettere a lustro la loro città e la cattedrale della Santissima Trinità dai due imponenti campanili. Un ottimo spunto per immergesi nella storia della Slovacchia è la visita al castello di Butadin. Da Zilina il confine con la Polonia non è distante ed arrivato il momento d'affrontare i Carpazi, si prosegue per la valle del Kysuca, e prima di Cadca, punto a Oscadnica, il paradiso della neve, qui meglio chiedere: "Polska, Polska!" e tutti sapranno indicarvi la via per i monti e un capitello dedicato alla Madonna, al quale bisogna svoltare per il confine. Dopo una lunga salita fino a Zwardon, a 800 m si arriva al confine Polacco ed inizia la discesa verso la Malopolska, la piccola Polonia. E qui che si possono trovare bambini ridenti, che appena fuori dall'uscio di casa vendono dei mirtilli selvatici in grossi vasi. Ed è bello forare la gomma, trovare dei passanti che non resistono alla curiosità di farti qualche domanda, ma l'unica risposta che si puoi dare è: "Italia-Czestochova" e con questo farli sorridere, trovare Lukas e la sua giovane famigliola, che si fa in quattro per trovarti un compressore e ti invita anche a bere del the caldo a casa sua. Arrivo a Zywiec, dove potrei alloggiare in uno dei tanti campeggi del vicino lago, ma questa notte opto per un hotel.

Dodicesima tappa, Zywiec-Cracovia

Decimo giorno, la città meriterebbe tre giorni, ma voglio essere per il 15 a Czestochowa, così visito il Wavel, l'immenso castello reale che sovrasta la città, con la sua storia e la cattedrale. Poi mi tuffo per le vie del centro, le chiese e nel pomeriggio mi metto in marcia. Comincio la "Strada dei nidi d'aquila" così chiamata per i numerosi castelli arroccati su spuntoni rocciosi. Ricomincia il saliscendi che va da 300 m a 400 m, punto al castello di Pieskowa Skala. Mi infilo in una verde valletta, è il Parco di Ojcowski, con i suoi mulini e delle rocce che spuntano improvvise fra la vegetazione, il masso più impressionante è la clava di Ercole, un immenso macigno verticale piantato a terra. Il castello è chiuso per restauro, ma bella notizia, poco distante c'è un campeggio, che trovo subito. Così ho il tempo per visitare la valle e andare al villaggio di Ojcow con il suo castello e le tipiche costruzioni di legno. Mi godo così questo tuffo nella verde campagna e mi riposo.

Tredicesima tappa, Cracovia-Poraj

Tredicesimo giorno, parto presto, mi fermo in uno sklep, che sono incredibilmente sempre aperti, mitici sklep, uno di loro vale mille centri commerciali. Sulla via mi fermo a Olkusz, qui esprimendomi a gesti mi faccio sistemare il cambio, ma manco a dirlo, non vogliono nemmeno uno Zloty, la moneta della grande Polonia. Punto al castello di Rabsztyn e poi all'incredibile deserto Bledowska. Un'area sabbiosa dove non crescono piante. Nei pressi è buona cosa stare su strade asfaltate, per non riempire di sabbia tutti gli ingranaggi.Sono ormai nella mitica Jura, qui punto allo zamek o castello di Ogrodzieniec, un'immensa costruzione che lascia la mente sospesa in un'altra epoca fatta di cavalieri e dame. Ho deciso che la tappa finale della giornata sarà Poraj, con il suo lago è il luogo ideale dove piantare una tenda e rilassarsi.

Quatordicesima tappa, Cracovia-Czestochowa

Quatordicesimo giorno, siamo il 15 d'agosto, mi sveglio presto, mi godo l'alba sul lago, metto via ogni cosa e faccio una breve deviazione per visitare il castello di Olsztyn. Poi non indugio e punto a Czestochowa. La città si raccoglie su un viale principale, che in salita culmina con Jasna Gora, la montagna luminosa, sulla quale è posta l'abazia. Oggi è il giorno della Assunzione della Madonna e tutte le persone camminano in direzione della abazia, mi indirizzo anch'io. Arrivo davanti il piazzale dove vi è una moltitudine immensa di persone che assistono alla messa che si sta celebrando da un palco montato sopra i bastioni, di quell'abazia che fu capace di resistere, nel 1655, per 40 giorni, agli assalti svedesi. I fedeli varcano i cancelli di una di uno dei più celebrati centri del cattolicesimo nel mondo. Nei secoli i monaci paolini hanno costruito attorno all'icona della Madonna Nera un complesso monumentale di cappelle, chiese, oltre al convento. Ogni decorazione, ogni dipinto è il segno di una devozione che si è stratificata nella sua lunga storia. Da qui ripunto a sud, inizia il mio viaggio di ritorno che è durato altri nove giorni, in parte in bicicletta, in parte in treno. Il supplemento per un biciclo non ha mai superato i tre euro. Non ho mancato di vedere Bielsko-Biala, poi Cieszyn la città dai volti di due nazioni, la Polonia e la repubblica Ceca, ma una storia e un castello. Non ho perso Vienna l'imperiale. Ho risalito il pigro Danubio, con i suoi castelli e le sue storie, non ho rinunciato alla bella Salisburgo. Mi sono dedicato un giorno di relax sul laghetto alpino di Walchsee. Ho chiuso con un borgo al quale i viaggiatori in treno e auto devono rinunciare: Kufstein che ancora oggi saldamente in mano alla sua bella fortezza. Ventunesimo giorno ed eccomi sui regionali che portano al Brennero e di lì a Verona.

Il piave Portogruaro Ajdovscina Liubljana La Drava a Ptuj Ptuj Szombathely Palazzo di Esterhazy Bratislava Piestany Zilina castello di Butadin Oscadnica, Gilowice Modellodel Wavel a Cracovia deserto Bledowska castello di Ogrodzieniec castello di Olsztyn Il viale per Jasna Gora, la montagna luminosa, Czestochowa
Portogruaro
Portogruaro
Ajdovscina
Ajdovscina
Liubljana
Liubljana
La Drava a Ptuj
La Drava a Ptuj
 Szombathely
Szombathely
Palazzo di Esterhazy
Palazzo di Esterhazy
Bratislava
Bratislava
 Piestany
Piestany
Zlina
Zlina
Oscadnica
Oscadnica
Gilowice
Gilowice
Modello del Wavel a Cracovia
Modello del Wavel a Cracovia
Deserto Bledowska
Deserto Bledowska
Il viale per Jasna Gora, la montagna luminosa, Czestochowa
Il viale per Jasna Gora, la montagna luminosa, Czestochowa
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